All’apice del successo FTX valeva oltre 30 miliardi di dollari. Ora è fallita! Ai suoi primi cinquanta creditori deve 3,1 miliardi.
Nati per facilitare gli scambi di criptovalute, gli exchange spuntano come mosche e muoiono come mosche.
L’acquirente di asset digitali indipendente Cryptowisser ha realizzato un censimento degli exchange che vengono disattivati – battezzandolo «Il cimitero degli exchange» – dal quale è risultato che soltanto nel 2022 ben 31 di queste piattaforme (compresa FTX) hanno smesso di funzionare.
Quando si fa un’operazione su un exchange si è in presenza di una struttura esterna sia all’acquirente sia al venditore che serve per facilitare l’interazione tra due parti.
Il meccanismo dell’exchange di cripto è differente: queste piattaforme sono di fatto dei broker Otc (over the counter), che fungono da strato intermedio tra il sistema operativo ed il software che lo utilizza e che permette il trading fuori dal mercato regolamentato. L’utente non fa il contratto con una controparte terza ma con l’exchange stesso, il quale gestisce la sua posizione corrispondendo poi una quota all’acquirente. Tale meccanismo consente alla piattaforma di usare più con più facilità il denaro degli utenti come se fosse proprio, come ha fatto FTX tramite il fondo Alameda Research, controllato al 90% da Bankman-Fried (fondatore di FTX).
In Italia ci sono state segnalazioni decuplicate. Tra gli exchange scomparsi quest’ anno alcuni, come FTX, sono falliti, altri sono stati chiusi per ragioni regolamentari, altri ancora hanno rinnovato il proprio brand, un paio hanno messo a segno delle truffe comprovate mentre una buona parte è scomparsa nel nulla senza lasciare traccia.
Sempre in Italia, secondo l’Uif (l’Unità di Informazione Finanziaria di Bankitalia), in tre anni le segnalazioni di operazioni sospette legate alle cripto sono decuplicate e ora si accingono a superare quota 5.000. Tra luglio 2021 e giugno 2022, il valore ricevuto in criptovalute dal Paese si è aggirato tra gli 80 e i 90 miliardi di dollari e la quota di persone che hanno investito almeno una volta in questi strumenti è dell’8% della popolazione, cioè 4,7 milioni di individui.